Momenti

Che io sia un animale sociale, diciamo, ne sono consapevole, non che io ami far tardi la sera o parlare ad alta voce, la gente però con me sorride e qualche volta si confida, intendo nel vero senso della parola.
Ricordo la volta in cui C. dopo tanti anni dal nostro ultimo incontro mi chiese consiglio riguardo alla sua relazione d’amore raccontandomi aneddoti piuttosto privati, cosa centrassi io ancora non lo so di preciso, "cose che ho detto a te e ad un paio di amiche, quelle vere", mi aveva fatto piacere sapere di esser risultato una persona affidabile. Oppure cavolo quando S. mi confessò di soffrire di bulimia, ed anche in questo caso "lo sai solo tu". Ho sofferto molto quella volta, il mio sangue sembrava congelato, non avevo parole, ma ho ascoltato e sorriso.
Dimmi cosa posso fare e lo farò, qualsiasi cosa.
Che poi basta ascoltare, ma ascoltare davvero. Basta quello per far star bene qualcuno.
Insomma di persone che mi vogliono bene ce ne sono tante, lo so per certo e credo anche che certe inizino a volermi bene fin da subito, è una bella sensazione. Nonostante questo però mi sento incredibilmente solo.
Non sempre eh, sia chiaro. Però che cazzo in certi momenti l'universo ti cade proprio addosso, e c'è poco da fare quando è così, l'universo pesa un sacco.
Poi mi piacerebbe sapere con che criterio la mente umana distribuisce questi momenti. Ad esempio l'altra sera mi trovavo con degli amici a Trieste, sul mare, a bere e parlare di cose, il tipico quadretto della serata tipo. M'avessero abbandonato in una giungla sperduta mi sarei sentito meno solo, e no, non lo dico per dire, ne sono proprio convinto.
In questo mio ultimo anno di vita ne son successe tante di cose: ho lasciato il vecchio lavoro dopo essermi promesso di meglio nella vita, mi è stato rifiutato il visto turistico in un aeroporto degli stati uniti poco prima di essere sbattuto sul primo aereo di ritorno disponibile e dopo essere stato trattato come un narcotrafficante, poi ho iniziato a realizzare il mio sogno di diventare fotografo.
Eh si perché tra le altre cose quel cassetto dei desideri alla fine mi son proprio deciso ad aprirlo. A quanto pare non me la sto cavando male ma sarà il tempo a dirlo, per ora cerco di godermela. Ecco: cerco.
Anche perché diciamolo le cose semplici nella vita ovviamente mai. Non è che voglio fare “il fotografo”, io voglio fare il fotoreporter, il viaggiatore avventuriero che salva l'umanità, quello che ti mostra le cose difficili, e brutte alle volte.
È cosi che dopo cento mail perlopiù disperate sono riuscito ad iniziare un progetto sui migranti. Non mi sono mai sentito così vivo come in certe delle situazioni in cui mi sono ritrovato. Difficile da spiegare, comunque una bella sensazione.
Però una cosa che a malincuore ho dovuto imparare è che l'amore non è tutto rose e fiori: con esso c'è anche una buona dose di dolore ed il pacchetto si compra tutto intero, niente conti separati.
E io la fotografia la amo proprio con tutto me stesso. "All inclusive" come cantano le pubblicità dei ribassi invernali.
Di questa cosa ne ero consapevole ancor prima di iniziare, la favoletta sul fatto che siamo forti e che le storie lontane non ci riguardano e non ci toccano non regge, non ci credo e non ci crederò mai.
Mi ricordo benissimo il primo sbarco che andai a fotografare in un porto calabrese: erano le 5 di mattina quando ricevetti la chiamata e di tutta risposta pensai bene di svenire per qualche manciata di secondi in bagno prima di partire da casa.
Al porto c'era tanta gente appena arrivata, entrai nel tendone della croce rossa e incontrai una donna, giovane, con due splendidi bambini. Ora: non è che parlammo molto, lei non sapeva l'inglese ed io purtroppo non parlo la lingua urdu.
Tra la disperazione reciproca però in qualche modo riuscimmo a capirci, mi lasciò scattare qualche fotografia ed il suo sguardo triste mi è rimasto impresso nella mente, proprio come lo schiaffo che ti arriva in faccia nel momento in cui realizzi che la vita non è come quella che ci raccontano nelle fiabe.
Ogni tanto lo sogno quello sguardo, non so bene cosa provo ma è una sensazione forte.
Di storie ne ho sentite molte, alcune mi hanno colpito più di altre ovviamente ma il filo che collega tutte queste mie chiacchiere è che le persone in un modo o nell'altro si confidano con me, si fidano.
Che cavolo questo dovrebbe anche bastare per concedermi un contratto indeterminato con la vita in grado di escludere la solitudine. Che cazzo.
Eppure non è così.
Ogni tanto sono le storie a rendimi triste, empatico all'ennesima potenza. Per il resto è proprio solitudine, sentirsi troppo piccoli in un mondo troppo grande.
Ah si, e c'è poco da fare, non giriamoci troppo intorno, quando arriva, arriva, e sta cosa ti entra in casa senza troppi complimenti, non bussa alla porta e non chiede permesso.
"Devi combatterla, resisti, trova le tue armi per sconfiggerla"
Che stronzata.
Sta cosa che per ogni situazione utilizziamo termini di guerra proprio non mi va giù, anche perché con tutta la storia che abbiamo alle spalle dovremmo aver imparato che la violenza non porta ad altro che altra violenza.
Basterebbe imparare a conoscerla, conviverci, affrontarla a tu per tu.
Certe cose non dipendono direttamente da nulla, ci sono e basta. Far finta che non ci siano non le farà andar via.
E non se ne andranno neanche affrontandole, siamo d'accordo. Affrontarle però, forse, qualche volta ci insegnerà qualcosa sugli altri o su noi stessi se siamo fortunati, ne vale la pena.
È un'occasione, sarebbe un peccato sprecarla.
Non ho paura a dire che questa solitudine un po' me la auguro, lascio la porta aperta. Anzi socchiusa, non che cambi molto ma da l'idea di essere più romantica come situazione, non so.
Mi sento di dire che la auguro a tutti, magari insieme riusciremo a trasformare le cose brutte in cose difficili.
Le cose brutte restano brutte, le cose difficili invece richiedono solo qualche fatica in più, si possono risolvere, e se lo si fa insieme ci metto la mano sul fuoco che potrebbero addirittura diventare facili.